La sua Gente di Anna Elena Tassini
Il percorso come stile di vita, basato su intenti futuri, senza perdere di vista il passato.
Siamo ancora lì, seduti sulla panchina del forno di Vanda. I ricordi di quel nonno che con semplicità era riuscito a trasmettere al piccolo nipotino, il suo sapere, il suo amore profondo per quella terra, ricca di storie, leggende e natura esaltata all’ennesima potenza, ancora aleggiavano nell’aria.
– mamma ho avuto un grande nonno- disse Massimo con la voce rotta da un velo di commozione.- devo essere capace anch’io, di trasmettere a mio figlio, l’amore ed il rispetto per questa terra-ora la sua voce era più determinata.- devo iniziare da subito a raccontargli ed a spiegargli cosa è la natura, la conoscenza del territorio, i suoi segreti, la sua storia, le sue potenzialità, affinché crescendo in un altro luogo, non ne perda le radici-
Massimo era nato in terra di Circe, da una famiglia di estrazione contadina. I genitori lavoravano e lo lasciavano accudire dai nonni. il nonno, in particolare lo portava molto spesso con se in avventurose scorribande, tra sentieri segreti , verso siti archeologici, sconosciuti ai più. Raccontandogli, sotto forma di favole , storie vere e conquistando l’attenzione del bimbo, che , senza fatica e con crescente interesse, assorbiva nozioni e sapere che nella vita futura, lo avrebbero aiutato molto nelle sue scelte di vita.
Poi , completati gli studi, aveva trovato lavoro lontano da casa e lontano dai luoghi, in cui era nato e vissuto fino a quel momento, e di cui ne conosceva i più reconditi spazi, grazie anche alle lezioni del nonno.
Massimo sapeva che vivendo lontano, non era facile per lui, insegnare al suo bambino, la conoscenza di questi luoghi, ma si era ripromesso che in qualsiasi occasione, vuoi per le ferie, vuoi con dei permessi sul lavoro, sarebbe tornato ed avrebbe portato il suo bambino a vedere le stesse cose che a lui, aveva fatto vedere il nonno.
– Farò di più – asserì convinto – non gli farò conoscere solo il monte Circeo ed il mare ed il lago. Gli racconterò anche della pianura pontina. Di quando era ancora una palude e dei suoi antichi abitanti, della loro triste vita, della malaria che colpiva indiscriminatamente chi attraversava quei luoghi , dei mestieri antichi, dell’agricoltura povera , della fame e di tante altre cose, a cui il monte Circeo, dalla sua posizione , dominante nel corso dei secoli, aveva assistito.-
L’idea di tutto questo era venuta a Massimo, già qualche giorno prima. Era capitato, durante una passeggiata domenicale,sul lungomare che da torre Paola, arriva fino a Nettuno, di sbagliare , ad un certo punto , strada, e si era ritrovato in un borgo a nord di Latina, Borgo Montello. L’aveva già sentito nominare ma solo come nozioni geografiche al tempo della scuola. – va beh , ormai s’è fatto tardi, per tornare indietro, facciamo una cosa. Mangiamo un pezzetto di pizza e visitiamo questo borgo. – Ci sarà pure da vedere qualcosa d’interessante!- rivolgendosi alla moglie.
Daniele, il figlio, all’idea di mangiare la pizza è entusiasta.
– Ok, abbiamo deciso- visitiamo Borgo Montello!-al fine disse Massimo.
Beh devo dire che la famigliola, dopo aver girato mezza Europa e anche l’America, rimase un po’ delusa da quel mucchi di case che non entusiasmavano per niente. Oltretutto, il borgo, posto in una conca, in quella domenica estiva, in cui non spirava un filo di vento, era deserto ed il caldo afoso, appiccicoso. In quel poco girare , alla ricerca di ristoro, lessero un cartello, su cui c’erano le indicazioni per raggiungere un monumento o qualcosa del genere: Casale di Conca.
– andiamolo a vedere, e’ qui, tanto non credo che ci sia altro nei dintorni-era sempre Massimo che proponeva con la curiosità di esplorare luoghi nuovi, trasmessagli dal nonno , quando lui era un bambino.-
A piedi, a piedi,su per la salita, entrarono e si trovarono davanti un piazzale con tante macchine parcheggiate e giù in fondo , un enorme casale, ristrutturato e gente che vi entrava.- Andiamo anche noi-disse Massimo, prendendo in braccio il bambino , ormai stanco. – vedi, Daniele, papà ti porta a vedere , una cosa interessante. Anche se nemmeno lui sapeva di cosa si trattasse.
Entrarono percependo un gran piacere al fresco che c’era li dentro. Era un enorme edificio di forma rettangolare,con il tetto di pali di legno e alti finestroni che si susseguivano a distanze ravvicinate lungo le pareti più lunghe. le persone che avevano visto entrare, erano sedute ed ascoltavano qualcuno che da giu’, in fondo, parlava in un microfono. la famigliola si avvicinò un poco e si sedette ad ascoltare.
Era la presentazione di un libro, che raccontava di un efferato delitto perpetrato da un uomo, nei confronti di una fanciulla,che aveva abitato nei pressi di quel casale.
Alcuni attori , magistralmente ne recitavano dei brani. Avvincente, la storia. L’autore partendo dal casuale ritrovamento di una foto, attraverso studi, documenti e geniali intuizioni, riusciva a dimostrare che in quella foto c’era la bambina che fu uccisa dal bruto che aveva tentato di violentarla. lei era Maria Goretti, che in seguito fu proclamata santa.
Alla fine della presentazione, massimo compra il libro. Lo trova molto interessante , perché non c’e’ solo la semplice storia di un efferato delitto. Durante una scorsa veloce, legge altro. Nel libro viene descritto il territorio ai margini delle paludi pontine prima della bonifica. In quel libro viene descritta la vita dei suoi abitanti, usi, costumi. Quel libro gli darà la stura per raccontare al suo Daniele la storia della palude.
Agosto è breve per chi sta in vacanza, le ferie terminano velocemente.
Massimo e la sua famiglia, tornano alla loro casa, al lavoro, alla vita di sempre. Vivono in Pianura Padana. Massimo sapeva che molti Veneti, emiliani e romagnoli, avevano contribuito alla Bonifica dell’agro Pontino. Talvolta qualche anziano del paese dove abitava, gli aveva raccontato delle storie di familiari che erano partiti, poveri, portando le loro misere cose, verso la terra promessa. E Massimo raccontava loro di come era ora, la pianura pontina, grazie al lavoro di quelle persone che erano emigrate, durante la Bonifica. In un certo senso Massimo aveva sempre visto molto rassomigliante l’operosità degli abitanti delle due pianure e ne capiva il perché.
Torniamo alla nostra storia.
Eravamo rimasti a quando Massimo torna alla sua casa, terminate le ferie e porta con se anche il libro che aveva acquistato . Lo legge in un baleno. Lo trova interessantissimo ed attraverso il quale, conosce la tenuta di Conca,di cui aveva visitato il casale, durante la presentazione da parte dell’autore del libro. Conosce i contadini che vivevano da quelle parti e le loro produzioni. Conosce la loro misera vita, la fame e il loro sfruttamento, la loro religiosità frammista di ataviche credenze.
– Papà, cosa leggi?- chiede Daniele a Massimo.
– Papaà legge di un antico territorio dove c’era tanta acqua ed i suoi abitanti ci vivevano in mezzo. Morivano perché c’erano tante zanzare che li pungevano e gli facevano venire la febbre alta e non c’erano medicine che potessero curarli. Lavoravano tanto e mangiavano poco. – Perché lavoravano tanto e mangiavano poco?-chiede molto incuriosito. Daniele e’ un bambino a cui piacciono le storie. Si siede sulle ginocchia del padre in attesa, sicuro che il suo papà gli racconterà una storia, per spiegargli, perché gli abitanti di quel territorio lavoravano tanto e mangiavano poco.
Per Massimo non sarà facile spiegarlo ad un bambino così piccolo, ma gli viene un’idea.
Lui non farà come il nonno che raccontava le storie sotto forma di favole, lui racconterà la storia e cercherà di spiegarla con un esperimento.
– vieni Daniele, vieni con il papa . Andiamo in giardino e papà ti racconterà la storia.
Daniele segue il papà in giardino. Massimo , entra nel casotto degli attrezzi e prende una bella zappa. Con alcune zappate delimita una parte del giardino e spiega a Daniele. – Daniele, facciamo finta che questo e’ il territorio di cui papà ti racconterà la bella storia-
Daniela e’ incuriosito. In genere il suo papà gli racconta le storie, leggendole dai libri. E’ una esperienza nuova per lui. E’ molto attento. Massimo ha capito perfettamente di aver suscitato tanta curiosità in Daniele. Riuscirà senz’altro a trasmettergli la voglia di conoscere la terra da cui proviene il suo papa’.
Inizia cosi la storia.
– Facciamo finta che il terreno che papà ha delimitato con le zappate di terra e’ il posto in cui io sono nato. tanto tempo fa, era pieno di acqua – Cosi dicendo, apre il tubo dell’acqua e ne riempie il campo che aveva precedentemente delimitato con la zappa. Pone alcune grosse pietre su di un lato del terreno delimitato. – Queste sono i monti che delimitano il territorio paludoso. L’acqua che vedi, scende dai monti e, non avendo scolo, rimane stagnante e putrida a formare la palude. – Daniele osserva attentamente e poi chiede – Papà come si fa a vivere sempre in mezzo all’acqua? Non si può! – e Massimo – infatti , non si può, ma alcune popolazioni, erano costrette a viverci. Erano persone poverissime che accettavano qualsiasi lavoro, pur di guadagnare il sostentamento per le loro famiglie, c’erano i contadini, gli allevatori di bestiame, i pescatori. Alcuni, vivevano in case che il proprietario dei terreni, concedeva loro in affitto, ma moltissimi si adattavano a vivere in capanne fatte con le canne e le erba che crescevano copiose negli acquitrini-
Mentre parlava, il papà, posizionava dei piccoli mattoncini, come fossero casette nel terreno che nel frattempo si era impregnato abbondantemente di acqua e risultava viscido e melmoso, e poi , con l’erba raccolta li affianco, faceva dei piccoli mucchietti a somigliare a quelle capanne, chiamate Lestre, che nella palude, spuntavano un po’ dappertutto, ogni qualvolta si formava un insediamento urbano.
– Nelle capanne non c’era niente- continuava a raccontare Massimo- Il pavimento era di terra. Il bagno non esisteva. Il letto era fatto di sacchi riempiti di paglia e foglie essiccate di granturco. Al centro della capanna, il fuoco, delimitato da pietre, su cui si poggiava la pentola per la cottura del cibo. Il cibo, sempre povero: brodaglie di verdure. La carne, un lusso che si potevano permettere solo nelle grandi occasioni. Anche i loro abiti erano poveri e lavoravano tanto, di continuo, dall’alba al tramonto, in tutte le stagioni.
Daniele, seduto sul bordo del terreno che il papà stava trasformando, seguiva con gli occhi il lavoro del padre ed ascoltava molto interessato. Ad osservarlo attentamente si capiva che ciò che il papà raccontava, gli passava davanti e vedeva i poveri abitanti della palude, intenti al lavoro, stanchi, affaticati. Miseri nei loro vestiti ed ancora affamati, dopo aver mangiato, andare a dormire su quei letti fatti con le foglie secche. Massimo lo osservava e sorrideva soddisfatto perché era sicuro che così facendo, sarebbe riuscito nel suo intento,ovvero, ricordiamolo, di far conoscere a suo figlio, il territorio, da cui lui proveniva, ma sopratutto l’amore per lo stesso. Era come leggergli una favola, solo che invece di avere un libro sottomano, aveva trasformato un pezzo di giardino in un libro.
– Papà, ma non c’era nessuno che poteva aiutare quella povera gente a fare una vita migliore?- chiese Daniele, dopo un sospiro che sapeva di tristezza e di dolore per quella povera gente.
– Vedi Daniele, ad un certo punto, ma dopo moltissimi anni, si decise di prosciugare la palude –
– E come fecero?- chiese Daniele.
A Massimo venne un’idea. Quella di aiutare a sviluppare nel bambino il ragionamento.
E così alla domanda di Daniele su come fecero a prosciugare la palude, rispose con un’ altra domanda- tu come avresti fatto?-
Assurdo pensare che un bimbo cosi piccolo potesse dare una risposta precisa ed esatta, ma Massimo sapeva che i ragionamenti, opportunamente indirizzati, potevano portare a soluzioni precise ed esatte. Del resto un buon maestro queste cose le utilizza nell’insegnamento e lui in quella fase, si sentiva un maestro che insegnava all’alunno.
Daniele ha un attimo di smarrimento, ma e’ solo un attimo, e’ abituato a cercare soluzioni, prima della fine di ogni storia,anche con i libri delle favole.
– Daniele, come faresti a togliere l’acqua dal terreno che papà ha impregnato?- chiede Massimo per iniziare ad indirizzarlo verso la soluzione.
Daniele, si cimenta in una serie di soluzioni dal grosso buco al centro del terreno di modo che l’acqua sparisca nel sottosuolo, a raccoglierla con il suo secchiello e paletta che usa per giocare con la sabbia al mare, ad un grosso muro che non permetta alle acque che scendono dalle montagne, di giungere fino al terreno pianeggiante. Si lambicca il cervello impegnandosi molto. Si fa tutto rosso, talmente preso dalla voglia di trovare una soluzione all’enigma. Massimo intuisce la sua difficoltà. Ritiene che sia arrivato il momento di aiutarlo.
– Daniele, ti ricordi quando papà ti ha portato a vedere il Po?-
– Si che lo ricordo. E’ il grosso fiume che porta l’acqua delle montagne al mare-risponde Daniele. Il suo volto si illumina. Pensa ai monti, all’acqua, al mare…. Il fiume.
Papà costruiremo un fiume e l’acqua delle montagne, raggiungera’ il mare senza impregnare il terreno, che così si potrà asciugare.!!!!!!!!!!
Evvvvvvvvaaaaaaaiiii. Ecco la soluzione. Daniele e’ felicissimo.
– Bravo Daniele! Sei un bambino intelligentissimo!- e’ il commento del papà.
– Ed infatti gli ingegneri, studiarono un sistema di canali che avrebbero convogliato le acque verso il mare. – Infatti questa fu la soluzione – gli rispose Massimo, mentre con un pezzo di ferro segnava dei tracciati profondi a reticolato,in cui l’acqua del terreno che aveva delimitato per figurare la palude, cominciò a raccogliersi ed a scendere verso la parte più bassa, per poi defluire in un canale che si trovava adiacente al terreno impaludato.
– per la costruzione dei canali furono chiamate tantissime persone da tutta l’Italia. Molti partirono anche dal Veneto che e’ il paese in cui abitiamo. Raggiunsero le paludi pontine e li rimasero prima a costruire le opere di bonifica e poi come abitanti.
Mentre guardavano l’acqua scorrere ed il livello scendere a mano a mano, la curiosità di Daniele, era al massimo. – Adesso, papà, i poveri che abitavano la palude con il terreno prosciugato, avrebbero fatto una vita migliore?- chiese apprensivo.
– Si, sicuramente! I contadini cominciarono a lavorare terre più salubri per raccolti più ricchi. Chi progettò quell’opera di risanamento dotò il territorio di case fornite di tutto il necessario e le mise a disposizione dei coloni chiamati a popolare la ex palude. Crearono anche nuove città e borghi con tutti i servizi necessari per i nuovi abitanti del territorio. E quelle terre e quelle case nel tempo divennero di loro proprietà. Una sorta di grande premio per il loro sacrificio. Il tuo papà e’ nato e cresciuto sul monte Circeo, ma il monte fa parte di quel territorio di cui abbiamo ricostruito la storia, partendo da quel pezzo di terra che abbiamo reso paludoso –
Si sta facendo sera. E’ ora di rientrare in casa. Le zanzare, nonostante tutto, continuano ad imperversare, anche se non più portatrici di malaria.
Daniele e’ stanco. Promette alla mamma che il giorno dopo, quando si sveglierà , le racconterà dell’avventura che con il suo papà, hanno vissuto nella terra pontina ricostruita in giardino e di come hanno trovato la soluzione per far vivere i suoi abitanti in maniera migliore.
Massimo e’ soddisfatto della lezione, di come ha raccontato la sua terra al figlio. E’ sicuro che Daniele,crescendo, non potrà fare a meno di ricordare quel pomeriggio passato a cercare la soluzione per far vivere meglio e rendere bellissima la terra dove era nato il suo papà. E’ sicuro, che crescendo Daniele, osserverà con amore quella terra e ogni volta che ci tornerà , non la vedrà solo con gli occhi del turista che ama ammirarne le bellezze naturali o i panorami mozzafiato. La sentirà anche sua, perché una parte di lui, proviene da quella terra.
– Si, percorrere la storia serve a non dimenticarla ed a trarre da essa ogni insegnamento per il futuro e Daniele, proiettato verso il futuro, avra’ basi buone per costruirlo partendo proprio dalla conoscenza della propria identità – Così riflette Massimo.
Anche Massimo è stanco. Si ferma per un momento nel suo studio per completare delle cose relative al suo lavoro. Sulla scrivania ancora aperto il libro che aveva acquistato durante l’escursione domenicale a Borgo Montello in quella domenica afosa d’estate in cui aveva sbagliato strada. Ne rilegge qualche pagina…. C’e’ molto da dire, da raccontare, da memorizzare, ma Daniele e’ ancora troppo piccolo per capire altre cose. Per il momento va bene così. Lo ripone nella libreria del suo studio. Quando sarà più grande, chissà forse lo riaprirà lui stesso e farà tesoro di altri contenuti di cui e’ ancora ricco il libro.
Mentre si sdraia nel suo letto stanco ma soddisfatto, il suo pensiero va al nonno.
– oggi, caro nonno, ti ho eguagliato!Sono stato Grande!!!!!-
Daniele dorme. Dorme e sogna.
Nei suoi occhi di cielo, passano le immagini di una terra selvaggia, ricca di vegetazione immersa nella palude,circondata dalle acque di un mare cristallino in cui un monte solitario si specchia, e poi animali al pascolo e campi coltivati. E fiumi e canali….. città. Tante città con i loro borghi. Vede persino i suoi abitanti. Li saluta. Si salutano.
E’ LA SUA GENTE!!!!!!!!!!!
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