LA BONIFICA INTEGRALE

Un lavoro da titani per liberare dalle acque putride e stagnanti un territorio di circa 134 mila ettari. Arrivarono i flussi di coloni dal Veneto, dal Friuli e dall’Emilia Romagna. Nella mastodontica opera furono impegnate 18 grandi idrovore e furono edificate oltre tremila case coloniche

lestre_agro_pontinoFino alle soglie degli anni Venti la palude regnò sovrana, attraversata dai butteri nella zona compresa tra Cisterna e Terracina, nomi carichi di lugubri richiami individuavano le località: Pantano d’Inferno, Pantano della Morte, la Femmina Morta, Caronte, Piscina della Tomba. Nel 1918 il Genio Civile di Roma concluse gli studi per la bonifica idraulica integrale dell’Agro Pontino e della parte sommersa dell’Agro Romano, bonifica che fu affidata a due Consorzi: quello della Bonificazione Pontina, che iniziò ad operare nel 1923, e quello della Bonifica di Littoria, che iniziò i lavori tre anni più tardi. L’attività vera e propria iniziò nel 1927 e i lavori da compiere erano titanici visto che si trattava di disciplinare e di prosciugare le acque su un’estensione di circa 135 mila ettari dei quali circa 77 mila appartenenti all’Agro Pontino vero e proprio. Su quest’ultimo le depressioni del terreno avevano creato numerose piscine, invasi pieni d’acqua putrida e profondi anche fino a 10 metri, molto pericolosi perché ingannevoli e malarigeni. A conclusione della bonifica erano state utilizzate 18 grandi idrovore, costruiti o riattivati 16.165 chilometri di canali, aperti 1.360 chilometri di strade, edificate 3.040 case coloniche e perforati 4.500 pozzi freatici o artesiani: al cambio attuale un’operazione valutabile intorno ai 30 miliardi di euro. Oltre ai lavori di bonifica vera e propria furono anche avviate tutte quelle attività che dovevano creare le condizioni e le infrastrutture indispensabili per rendere l’Agro abitabile.

All’Opera Nazionale Combattenti toccò principalmente il compito di dividere la pianura in unità terriere d’estensione variabile secondo la fertilità del terreno e con una media di 20 ha per ogni gruppo familiare al quale andò in dotazione una casa colonica (il podere), munita dei servizi civili e agricoli necessari. Nel periodo tra ottobre e novembre del 1932 iniziò l’immigrazione di circa 60 mila contadini veneti, friulani ed emiliani che dovevano popolare il territorio bonificato. A loro furono affidate le unità poderali, dapprima a mezzadria quindi, dal 1942, a riscatto. Per ogni cento poderi furono creati i centri aziendali che si sarebbero poi sviluppati autonomamente e che attualmente sono dei centri popolosi molti dei quali mantengono tuttora la vocazione agricola: ad essi furono dati nomi delle località della Prima Guerra Mondiale ed oggi sono Borgo Isonzo, Borgo Grappa, Borgo Piave, Borgo Montello, Borgo Faiti, Borgo San Michele, Borgo Montenero, Borgo Pasubio, Borgo Vodice e Borgo Hermada.

Di pari passo si svolgeva l’attività tendente a migliorare le condizioni di vita, con la creazione di centri per la profilassi che combattevano con il chinino la terribile zanzara anofele che Angelo Celli e Giambattista Grassi avevano studiato aprendo, infine, scuole che seguirono l’opera di apostolato che aveva svolto Giovanni Cena. Quest’ultimo, un gracile maestro dotato di una volontà e di un senso della scuola che elevava l’insegnamento a missione, negli anni precedenti la prima guerra mondiale passò al setaccio la palude alla ricerca di studenti tra le povere famiglie di contadini, sfidando la malaria per portare una buona parola e un po’ di luce nei casolari spogli dell’Agro. Con la creazione di Casal Delle Palme (1927) si dà inizio alla realizzazione di una serie di scuole per combattere l’analfabetismo.

Con Giovanni Cena operarono poeti e artisti, altri insegnanti e medici: Giacomo Boni, Angelo Celli, Alessandro Marcucci, Sibilla Alleramo e Duilio Cambellotti, pittore e scultore che nella scuola di Casal delle Palme sull’Appia, tra Cisterna e il bivio di Latina, ha lasciato sei quadri a tempera che illustrano la vita in palude.