Don Cesare Boschin, in ricordo del sacerdote assassinato realtà e fantasia nel romanzo di Campagna e nell’inchiesta di Cipriani

cipriani feliceSulle tracce di don Cesare Boschin. Sia nella fantasia romanzesca nel noir ‘Finis terrae’ di Gian Luca Campagna sia nel libro inchiesta ‘Quello strano omicidio di don Cesare’ del giornalista Felice Cipriani. Giovedì 25 alle 21 presso la corte del palazzo comunale di Sabaudia nell’ambito della rassegna ‘Incontri d’autore’ andrà in scena l’ultimo appuntamento con i due autori che hanno incentrato i loro libri si un caso irrisolto definito in gergo cold case: l’omicidio di don Cesare Boischin avvenuto il 30 marzo 1995 a Borgo Montello, tutt’oggi senza colpevoli, tant’è che la Procura di Latina un paio di mesi fa proprio grazie al libro di Cipriani –e con le conseguenti sollecitazioni dell’avvocato Stefano Maccioni- ha riaperto le indagini, sempre avvolte da un alone di mistero e reticenza. Il romanzo di Campagna parte da quell’assunto, “per scuotere le coscienze dormienti di tutti, sebbene poi è solo un espediente letterario per l’incipit di un romanzo che tocca diversi argomenti e che con il parroco di Montello non c’entra affatto” sottolinea l’autore, mentre il libro di Cipriani è un vero atto di j’accuse alle istituzioni, con quelle indagini superficiali e quelle parole mancate, che non portarono alla soluzione del macabro delitto.

Ma andiamo sulle due opere.

FINIS TERRAE di GIAN LUCA CAMPAGNA – “Il romanzo di Gian Luca Campagna si inserisce in quel filone d’inchiesta narrativa cominciato da Giancarlo De Cataldo e Massimo Carlotto. Ecomafie, compravendita del sesso, calcioscomesse, politica miope: prendendo spunto dalla realtà, osservando i fatti di cronaca con occhi tridimensionali e scavando nelle torbide passioni umane, fondendo con la propria abilità narrativa i fatti alla fantasia romanzata, ‘Finis Terrae’ lancia l’autore come una delle nuove promesse del noir italiano, strizzando l’occhio a quello mediterraneo. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato, maledicendo l’autore che ti costringe a fare le ore piccole per scoprire pezzo dopo pezzo, parola dopo parola, come una moderna sciarada, il nome dell’assassino. Ma, attenzione, come nella realtà, niente è come potrebbe apparire in un primo –e in un secondo- momento”: così lo scrittore e giornalista Diego Zandel, curatore della collana di narrativa dell’editrice Oltre. Ecco la trama, che parte appunto da quell’omicidio seppure poi se ne discosta fortemente e prende un’altra piega: un parroco che sapeva troppo trovato incaprettato nella canonica del suo borgo, un comitato ambientalista che scava nei segreti di una discarica e di una centrale nucleare dismessa, una ballerina di un night sparita nel nulla, una squadra di calcio che perde per pagarsi lo stipendio, un cronista indolente che non sa come impiegare il proprio tempo, un gruppo di imprenditori che avvia una centrale a biomasse per dare futuro a se stessi, un gruppo di amiche sull’orlo di una crisi isterica per i tradimenti dei mariti, una commessa di una boutique che aspetta ancora il principe azzurro, un ex calciatore col vizio della cocaina, un faccendiere serbocroato che tratta puttane, calciatori e scommettitori come se fosse ancora un cecchino durante l’assedio di Sarajevo. Amore e odio che si rincorrono a ritmi forsennati, scavalcandosi e sovrapponendosi. E sullo sfondo lo Scirocco che avvolge una città, sospesa tra mare, laghi paludosi e macchia mediterranea, in una sorta di Finis Terrae.

glcQUELLO STRANO DELITTO DI DON CESARE di FELICE CIPRIANI – 30 marzo 1995,  don Cesare viene ritrovato nella sua canonica morto incaprettato. Dopo 4 mesi di indagini, il Comando dei carabinieri archivia il caso come un tentativo di rapina da parte di balordi mai individuati. Già, ma che strana questa rapina. I ladri hanno lasciato il denaro e si sono impossessati soltanto della preziosa agendina, dove il parroco annotava di tutto, e dell’album delle fotografie scattate. E sì, perché don Cesare, a capo del comitato ambientalista di Borgo Montello, si batteva per dirimere la cortina di nebbia che avvolgeva i segreti della seconda discarica del Lazio. Cos’aveva scoperto don Cesare Boschin per pagare con la vita? Un vero cold case che chiede giustizia. Su questa linea il giornalista e scrittore della memoria Felice Cipriani ha confezionato un libro dal titolo ‘Lo strano delitto di don Cesare’ dove si ripercorre la vita del parroco veneto di Trebaseleghe.

Don Boschin arriva a Borgo Montello nel 1956, in un giorno di neve, giunge da Trebaseleghe, un paese veneto, e subito si fa benvolere dai figli della bonifica idraulica e reduci della guerra, forte dei dettami della congregazione a cui appartiene, a quella di don Orione, tant’è che è fiero di essere ‘uno straccio di Dio’, vivendo nella modestia e a completo servizio delle comunità cui è ordinato. Cipriani ripercorre la vita di questo parroco di campagna che ha una parola per tutti, denaro in prestito per tutti, un lavoro per tutti. E il giornalista si avvale delle testimonianze di famigliari (in particolare del nipote Luciano), degli amici e degli abitanti di Borgo Montello, ritraendo un sacerdote all’antica. La vita del parroco è scandita dalle preghiere per il buon raccolto nelle campagne e dalle buone parole che ha per le famiglie in disarmonia, ma a un certo punto la serenità gli viene meno dal 1970, da quando la discarica diventa presto un motivo di discordia per la comunità, divisa fra chi lo vede come un’opportunità di lavoro e chi invece come un potenziale danno per l’agricoltura. Un sospetto che diviene certezza quando, alla fine degli Anni Ottanta, la discarica viene rilevata da una società che inizia a gestirla con spregiudicatezza, senza trovare ostacoli a livello politico e amministrativo: in questo momento don Cesare nota strani movimenti, camion che arrivano nottetempo da vie laterali pieni di fusti industriali per poi andarsene sgravati del loro carico, viaggi misteriosi ma ben pagati, l’ombra sempre più forte della camorra a gestire parte delle operazioni, ipotesi confermate dalle rivelazioni choc del pentito Carmine Schiavone, del clan dei casalesi. È qui che don Cesare inizia la sua battaglia, fonda un comitato, sensibilizza le persone perché «i rifiuti inquinano non solo la terra ma le coscienze. Ma la sua vita si ferma quel 30 marzo 1995.

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