Massimo Palumbo arte e architettura 1975-2016
LIEVITO MAD Latina Palazzo M dal 23 aprile al 1 maggio 2016 Vernissage ore 19 sala grande
L’Arte s’offre?
Massimo riutilizza gli oggetti dimenticati o rifiutati. In questo riuso l’Arte diviene contemporanea. Contemporanea perché è oggi, è stata ieri e sarà domani. Ferma il tempo, lo porta indietro e lo porta ancora in avanti la macchina artistica di Massimo Palumbo. Il progetto è sempre nel suo motore e il carburante sembra inesauribile quando si pensa al riuso, al riutilizzo. Un gesto che si rinnova nel pensiero e nell’uso di arnesi, materiali, oggetti un tempo comuni ed un tempo di uso diverso. Diverso perché l’Artista, architetto dell’emozione e della praticità, sembra muoversi in antitesi alla staticità del tutto, dell’Arte stessa che vive nella vita dei suoi artisti, una vita inesauribile quando si realizza nel suo tempio/museo e/o vive e quindi s’offre sul territorio.
Fabio D’Achille
Per Massimo
…e sarebbe davvero bello se la città immaginaria di Massimo, quella che prende forma da tutte le sue visioni, le sue invenzioni e le sue provocazioni… della sua esperienza, potesse divenire spazio vivibile, come egli lo presenta nel suo Hangar 3.0, progetto vincente per la riqualificazione di Piazza del Popolo a Latina…
…La piazza, oggi sostanzialmente estranea alla autentica vita della città, diviene nel progetto uno spazio dinamico e insieme equilibrato, che si inserisce nel contesto con spiazzanti ma significative citazioni. Il ricordo della sua grande ruota di bicicletta, immaginata come oggetto incongruo sullo sfondo della nuova espansione urbana, si ritrova nel quadrato inclinato di Piazza del Popolo, allusione alle quadrature della Latina storica ma anche alle antiche misurazioni del territorio romano. Una proposta visionaria ma pienamente realizzabile, dove anche il segno familiare del portico viene riletto come invito ad uno spazio del tutto nuovo, percorso dalle tecniche audiovisive e interattive che trovano qui una dimensione veramente sociale e in ultima analisi una loro appropriata bellezza…
…come tutte le avventure coraggiose ha incontrato conflitti e difficoltà, ostacoli e ripensamenti che egli ha affrontato come la sostanza stessa delle cose e della vita, che ha una sua resistenza e durezza e va ogni volta interpretata e adattata alle istanze profonde di chi vuole, come lui, immaginare e modificare, sognare e realizzare. Così, quando penso agli esiti del suo bel progetto Hangar 3.0, sento la voce di Massimo che dice: “Noi la nostra proposta l’abbiamo fatta. Ora tocca a loro.” E se “loro”, cioè le istituzioni, la cultura politica e i meccanismi amministrativi e decisionali accogliessero, con un atteggiamento illuminato che forse è utopistico richiedere, idee come quelle che Massimo ha espresso nel suo straordinario, Unico Viaggio, forse, il nostro, potrebbe essere un paese migliore.
Andrea Lanini
La realtà dell’utopia
Una visione sospesa tra idea e materia, un percorso che fonde il sogno del progetto e la realtà densa delle cose, un viaggio tra l’ordine della ragione e il disordine del mondo: l’opera di Massimo Palumbo unisce i diversi campi espressivi in una fusione dove i linguaggi delle arti visive e dell’architettura mettono in scena una profonda e continua riflessione sul tema dell’utopia, spazio mentale e concreto dell’irrealizzato, del possibile e della perpetua tensione costruttiva.
L’utopia rappresenta, infatti, da secoli uno dei motivi portanti di un’importante visione dell’architettura vista non solo in senso estetico, ma come metodo e strumento di innovazione, di intervento sul mondo e sulla società, come spazio di pianificazione e di immaginazione, dove l’architetto agisce con il disegno e la scrittura ipotizzando e costruendo spazi fittizi o reali attraverso una teoria che tende costantemente a concretizzarsi…
…L’approdo finale può metaforicamente essere allora il Sole che sorge nella sua perfezione circolare nel quartiere periferico di Corviale a Roma, forse un monumento ideale e leggero che riflette il pensiero filosofico di Tommaso Campanella e della sua Città del Sole, trattato dove la stessa struttura urbanistica è costruita sulla perfezione ideale dell’utopia.
Il sole di Palumbo diventa così un segno di rinnovamento e di ricreazione, un atto leggero e assoluto di dialogo con lo spazio della città e con la sua natura perennemente problematica, il gesto lieve e rigoroso di un artista che cerca di ridare dignità al contesto urbano attraverso la complessa e dialettica realizzazione dell’utopia dell’arte nello spazio pulsante della vita.
Lorenzo Canova