RICORDI DEL 132° GRUPPO AEREOSILURANTI

DI ROBERTO MARRA

12 dicembre 1919- 24 aprile 2010

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L’8 settembre 1943 l’armistizio ci sorprese sull’aeroporto di Littoria e dopo un primo e comprensibile disorientamento di tutto il personale, il 10 ricevemmo l’ordine di fare rotta per il Nord, ma i più non sapevano con precisione in quale aeroporto. Decollati e fatta quota, giunti all’altezza di Civitavecchia, fummo accolti dall’intenzo fuoco delle batterie antiaeree di una formazione anglo –americana che ci costrinse a dirigere verso Pisa e Siena.  Il giorno successivo partenza per  l’aeroporto sardo di Decimomanno (CA) ma anche da qui il 12 settembre nuovo decollo per una destinazione che ancora oggi non so quale  fosse. Appena alzati  e disposti per il volo in formazione, fummo intercettati da un gruppo di aerei alleati P-38 Lightning che, senza far fuoco su di noi ci costrinsero alla resa dirottandoci all’aeroporto di Castel Vetrano (TP).

SM79-Elmas

Francamente non mi rendevo conto di cosa stesse succedendo, sembrava che fossimo entrati in un tunnel senza uscita; eravamo prigionieri? Collaboratori?… non sapevamo quale sarebbe stata la nostra sorte: la preoccupazione cresceva e nessuno osava fare previsioni.

Inaspettatamente il 23 settembre fummo trasferiti con tutti i nostri aerei in Tunisia, all’aeroporto di Korba. Credemmo che per noi fosse la fine, invece fu proprio qui che finalmente si apri uno spiraglio di luce: informalmente venimmo infatti a conoscenza di un nostro imminente rientro in Italia e questa notizia fu una vera  liberazione da tanti incubi e paure.

In base agli eventi successivi suppongo che la tappa di Korba fosse servita al governo provvisorio dell’Italia del Sud per formalizzare il patto di cobelligeranza con gli alleati.

Rientrammo in Italia con tutti i nostri aerei ai primi dell’ottobre 1943 diretti a galatina (GE) dove il personale della base ci accolse con tanta cordialità e calore umano, ma dove, purtroppo, con tanta tristezza, un nodo in gola e qualche lacrima, fummo separati per sempre dai nostri S.79, compagni fedeli di tante battaglie.

La “via crucis” del 132° Gruppo però non era ancora terminata, anzi stava per iniziare un altro periodo di attività bellica con l’impiego di aerei diversi.

Nei primi del giugno 1944 tutto il personale fù trasferito all’aeroporto di Ottaviano (NA) per l’addestramento sugli aerei americani Martin Baltimore e proprio qui, il 23 agosto 1944, in uno strano incidente di volo, perse la vita il redivivo eroe magg. pil. Carlo Emanuele Buscaglia, nostro vecchio comandante.

Baltim1

L’addestramento ebbe termine all’inizio del novembre 1944 e l’11 di quel mese il Gruppo, con la nuova denominazione “132° Gruppo del 1° Stormo Baltimore”, fu trasferito a campo Marino (CB) per un ciclo di bombardamenti su importanti obiettivi nell’area del Balcani. L’attività operativa iniziò subito ed intensamente e fra le tante azioni di bombardamento – oltre 40 – di cui fui protagonista durante gli ultimi cinque mesi del conflitto, non dimenticherò mai per la grande emozione provatala prima effettuata sul Podgorica e, ancor più, quella del 21 febbraio 1945 sul molo di Arsa in Istria.

L’obietto era stato già bombardato altre volte dagli alleati, ma per noi era la prima volta, come ha ben descritto Bruno Seraglia nell’articolo <Una data – quattro uomini – un perché> a pag.15 di Aeronautica N°4/2001. Ho letto con tanta commozione quell’articolo, mentre  nella mia mente scorrevano le immagini, i ricordi sbiaditi, di quel giorno terribile, forse il peggiore di tutta la mia vita di combattente.

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Erano le 11.45 del 21 febbraio 1945 e, come riportato sul mio libretto di volo, decollammo noi della 281° squadriglia comandata dal magg. pil. Massimiliano Erasi e altri aerei della 253° squadriglia comandata dal cap. pil. Enrico Marescalchi.  Facemmo quota fino  a 3800 metri; sotto di noi un’immensa distesa di nubi bianche e, sopra, uno splendido cielo azzurro.

Capo pattuglia il magg. pil. Erasi che aveva come armiere il serg. Rossi; gregario di destra il cap. Graziani con l’armiere serg. D’Angelo; gregario di sinistra il ten. Durante con chi scrive come armiere.

Il volo procedeva normale, tranquillo ed il rombo dei motori in quell’incantevole scenario di nubi bianche e cielo azzurro sembrava cantarci una dolce ninna nanna.

L’obiettivo da colpire era sicuramente importante, come si poteva dedurre dal nutrito numero di aerei partecipanti, in quanto oltre a noi vi erano anche le formazioni alleate. Il bombardamento era ad ondate successive. Gli alleati sganciarono per primi e nella rotta di ritorno li sentivo in cuffia che comunicavano con insolita agitazione: purtroppo non conoscendo l’inglese non demmo troppo peso  a quel particolare, ma in seguito capimmo che volevano avvisarci di stare all’erta in quanto le batterie antiaeree tedesche ci aspettavano al varco.

Difatti di lì a poco quel bel manto bianco di nubi divenne prima grigio poi tutto nero a causa degli scoppi dei colpi tedeschi che, pur non vedendoci, ci avevano intercettati con i loro radiolocalizzatori.

In quel violento vulcano di fuoco il magg. Erasi diede l’ordine a tutta la formazione “Grappa” di aprire gli sportelloni, ma non riuscì a terminare l’ordine di sgancio perché una sventagliata di colpi centrò il suo aereo che prima si impennò e poi precipitò in fiamme con tutto il suo carico umano e di armamento.

Il picchiata forammo le nubi e sganciammo le nostre bombe che colpirono in pieno il bersaglio dopodiché si rifece quota sparpagliati iniziando la rotta di ritorno mentre i tedeschi rabbiosamente e caparbiamente  continuavano a spararci anche se ormai eravamo fuori tiro. Tutti i nostri aerei furono danneggiati e qualcuno fu costretto ad atterrare fuori campo; il mio pur danneggiato per fortuna in modo lieve, rientrò alla base di Campo Marino.

Purtroppo quell’aquila a forma di triangolo che alle 11.40 era partita per la difficile missione, rientrava alla 14.20 alla base senza testa. Un ricordo doloroso, un ricordo indelebile, un ricordo di guerra rimasto vivo nella mia mente, scolpito nel cuore. Una pagina di storia scritta con sangue da un pugno di combattenti, votati al sacrificio supremo per l’onore e la grandezza della Patria.

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